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Loreto, lunedì 21 ottobre 2002
Convegno a Loreto: Classificazione degli stati funzionali della disabilità (ICF)




Le ricadute dell’ICF, lo strumento innovativo per misurare la condizione di salute
Una rivoluzione culturale prima di tutto, che parte da una logica rovesciata rispetto al passato: valutare e classificare le condizioni di salute e non di malattia, parlare un linguaggio unificato per capire meglio i bisogni e quindi centrare l’attenzione su cosa può fare il disabile e non su cosa non può fare. La definizione di disabilità diventa così una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. E’ questo in sostanza lo standard internazionale , la Classificazione degli stati funzionali della disabilità e salute (ICF), uno strumento universale per misurare e descrivere la salute. Adottato dallo scorso anno in 191 paesi del mondo, è stato il tema del convegno svoltosi oggi al Palacongressi di Loreto e organizzato dagli assessorati regionali ai Servizi sociali e alla Sanità per riflettere sulle ricadute pratiche che l’ICF può avere in diversi settori: dalla medicina legale, alla medicina della riabilitazione , all’assistenza sociale. La classificazione internazionale degli stati funzionali, concepita dopo un processo di revisione di circa sette anni, parte dal presupposto che la disabilità può riguardare tutti nel corso della vita, più o meno temporaneamente, con maggiori o minori menomazioni. Si supera perciò il concetto di “handicap” nella sua connotazione negativa di “svantaggio”, non riferendosi più ad un disturbo senza prima rapportarlo allo stato considerato di “salute”.
“Una percorso culturale importantissimo – ha evidenziato Marcello Secchiaroli davanti ad una numerosissima platea di operatori del sociale,del mondo sanitario e della scuola- e un passaggio fondamentale per omogeneizzare le informazioni, i dati e, di conseguenza, intervenire efficacemente. La presenza numerosa di operatori a questo convegno, è un sintomo palese di una volontà di impegno quotidiano, di confrontarsi con il nuovo per conoscere , innanzitutto, e operare al meglio. E non si tratta di un cambiamento di termini per non cambiare nulla, ma della necessità ormai matura di agire in maniera coordinata, di integrare i diversi settori, che non sono solo la sanità, ma l’ambiente non meno che il lavoro, i trasporti e la scuola, per il fine comune di concretizzare il trinomio salute-benessere-qualità di vita. Ma per questo anche il cambiamento di linguaggio è importante e la Regione Marche comincerà con segnali precisi, impegnandosi affinché nella sua legislazione, negli atti amministrativi, si parli da ora di disabilità e non di handicap. Per esempio, il Centro regionale documentazione handicap, con una piccola modifica di legge, dovrà diventare il Centro documentazione Disabilità”. Un intento accettato con entusiasmo dal Direttore del Centro di Documentazione, Carlo Ricci, che nel presiedere i lavori ha sottolineato
il ruolo della struttura regionale non solo di ricerca, ma di nodo di collegamento con il territorio e la sua funzione di integrazione e interattività, ponendosi quindi al servizio della collettività e degli operatori.
“Il rimettere al centro del sistema la salute – ha rilevato l’assessore alla Sanità Augusto Melappioni- è anche la filosofia dell’impegnativo lavoro di trasformazione del sistema sanitario marchigiano. E’ proprio un passaggio culturale nodale della riforma quello della centralità della salute, dell’ottimizzazione degli aspetti positivi, della riorganizzazione della sanità non centralizzata ma in chiave di vicinanza ai territori. Occorrerà capire questo percorso fondamentale di rilettura nell’ottica della salute , anche se indubbiamente difficile, ma determinante per dare significato alla parola “sistema” come equivalente di buona metodologia. ”. Un concetto ripreso anche dal direttore del Dipartimento regionale della Salute e servizi alla comunità, Giuseppe Zuccatelli:
“Nell’immaginario collettivo di medici e operatori il ruolo del livello di ospedalizzazione per la cura è prevalente, mentre va cambiata proprio questa mentalità per approdare alla medicina del territorio… A me – ha proseguito- compete di declinare le scelte strategiche e politiche e ciò significa avere anche la funzione di introdurre elementi di innovazione, così come è l’ICF,


elemento di positiva novità nel settore della disabilità . E se il termine “appropriatezza” è ormai abusato, tuttavia deve appartenere al patrimonio di deontologia professionale, perché vuol dire
utilizzare al meglio le importanti risorse che la Regione mette a disposizione e corrispondere un’azione efficace ad una esigenza documentata.”
“La classificazione internazionale degli stati funzionali – ha rilevato Matilde Leonardi, referente nazionale dell’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS), si pone anche come investimento in salute, inteso come fonte di sviluppo non solo culturale ma anche economico di una nazione. Perché una popolazione in salute, è il prerequisito per una crescita di benessere anche economico. L’ICF è diventata la nuova norma per classificare salute e disabilità, una condizione che diventa tale in un ambiente sfavorevole. Migliorare la salute di un individuo non significa solo la riduzione della morte prematura, ma anche il funzionamento, la capacità e il diritto di ognuno di vivere la propria vita pienamente. Per la prima volta con l’ICF si tiene conto dei fattori ambientali, classificandoli in maniera sistematica, privilegiando la metodologia multidisciplinare, usando un linguaggio neutrale per evitare le “ghettizzazioni”. L’ICF mette tutte le condizioni di salute sullo stesso piano, senza distinguere le cause, cioè la malattia che ha originato la condizione, ma analizzando invece il contesto sociale, familiare, lavorativo, abitativo della persona. Tutti fattori che hanno un peso forte sulla qualità di vita. Sarà quindi inevitabile rivedere i criteri di accertamento dell’invalidità, uscendo da una valutazione legata esclusivamente alla riduzione della capacità lavorativa, ma tenere conto di tutti i fattori in gioco. Tutto questo ha ricadute importanti sulla pratica medica, sulle politiche sociali , sulle normative e sulla tutela dei diritti dei singoli. La formazione degli operatori su questi temi sarà quindi essenziale.”
Una necessità , quest’ultima, richiamata in più interventi da Mariano Cingolani dell’Istituto di medicina legale dell’Università di Ancona, da Leandro Provinciali del Dipartimento di Scienze neurologiche dell’Università dorica e da Lucia De Anna ordinario di pedagogia sociale alla 4a Università di Roma.


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