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Tolentino, domenica 21 giugno 2009
LEGGIAMO IN MODO OBIETTIVO I RISULTATI ELETTORALI. IL PD RIFLETTA E SAPPIA GUARDARE AVANTI.

Il risultato delle elezioni europee e provinciali in terra maceratese dovrebbe spingere ad una riflessione la più possibile sgombra da punti di vista parziali o addirittura individualistici su questo o quel risultato, per cercare di cogliere il senso politico dell’espressione del voto da parte dei cittadini.
Chi ha fatto la campagna elettorale ha avuto forte la sensazione di una “società che ha preso paura”, dove gli unici temi che hanno campeggiato, ben oltre le veline, sono stati quelli dell’immigrazione, del lavoro, della delocalizzazione delle nostre imprese, dell’insicurezza verso il proprio futuro.
Il vento di destra che ha spazzato l’Europa ha soffiato forte anche nel nostro paese e nei territori, alimentando forze estreme come la Lega, interprete di un istinto alla chiusura corporativa e protezionista su basi localistiche e identitarie.
Nella nostra provincia il dato politico risente in modo forte dell’astensionismo (- 5% circa) e vede il PDL crescere in termini percentuali rispetto alle precedenti europee e stabile sulle politiche, mentre la Lega ottiene un consenso che viene anche da frange di elettorato popolare e di centrosinistra.
Questo è il dato di fondo da cui partire anche per una lettura dell’esito delle elezioni provinciali, le quali -giova ricordarlo- sono elezioni eminentemente politiche. Che il centrosinistra abbia cercato di impostarle valorizzando il lavoro amministrativo fatto negli ultimi cinque anni e anche le persone che quel lavoro hanno intrapreso, a partire dalla figura del presidente, era in parte naturale ed in parte necessario, dato il divario di voti storici su cui poteva contare l’alleanza tra PDL e UDC.
Detto questo, era possibile rimontare e vincere? Forse, la controprova non esiste. Tuttavia, il centrosinistra recupera passando dal 42,78% al 46,15%, mentre il centrodestra scende dal 55,14% al 52,76%. Il resto lo fa il voto diretto ai candidati presidenti, fino a raggiungere il dato finale del 47,59% di Silenzi contro il 51,32% di Capponi. Una dinamica analoga, ma stavolta insufficiente, rispetto a quanto avvenne, in ben altro contesto, nel 2004.
Il centrodestra ha dimostrato di avere una strategia, che è risultata vincente: aiutato dal vento europeo e nazionale, ha stretto alleanze ampie per la provincia (persino con La Destra) e nei comuni, ha speso il personale politico più rappresentativo, ha ricercato il voto di pezzi influenti della società. Il centrosinistra, da parte sua, ha puntato sul lavoro fatto, sulla continuità, ampliando giustamente la coalizione fin dove era possibile, vale a dire all’Italia dei Valori e alla lista civica, ma come classe dirigente complessiva non ha colto fino in fondo la portata della sfida in atto.
Il dato del PD è lì a testimoniarlo: perde 6 punti percentuali e circa 10.000 voti sulle precedenti elezioni sia europee che provinciali. Non hanno giovato le divisioni interne, che hanno reso accidentato il percorso di costruzione del partito, l’affidarsi in alcuni casi sincero e in altri strumentale alla “forza” del presidente Silenzi, le disarticolazioni locali in diversi e importanti comuni chiamati al voto e che hanno influito negativamente anche sull’esito provinciale.
Ora di fronte al PD e al centrosinistra sta la necessità di condividere il più possibile una lettura obiettiva di quanto avvenuto e l’urgenza di rimettersi in moto quanto prima guardando alle prossime scadenze, tra cui le elezioni regionali del prossim’anno. Il PD, in più, dovrà affrontare il passaggio congressuale, che dovrà avere i caratteri di un momento fondativo e di rilancio del progetto politico e della sua presenza organizzata sul territorio.
Saremo questa volta all’altezza della posta in gioco? Voglio proprio sperarlo.

Daniele Salvi

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