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Tolentino, domenica 25 giugno 2006
SUCCESSO A TOLENTINO PER LA MOSTRA DI NINO RICCI E ALESSANDRA PUCCI




L’esposizione allestita a Palazzo Sangallo è visitabile tutti i giorni sino al prossimo 9 luglio
Presente il pubblico delle grandi occasioni è stata inaugurata lo scorso 15 giugno la mostra di pittura “Dialogando per gioco” allestita presso le sale espositive di Palazzo Sangallo con le opere pittoriche di Nino Ricci e Alessandra Pucci. L’evento è promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Tolentino.
La mostra rimarrà aperta al pubblico sino al prossimo 9 luglio e sarà visitabile dal martedì alla domenica, dalle ore 17 alle ore 20.
Scrive Lucio Del Gobbo “Che senso può avere per un artista abbinarsi sia pure occasionalmente, per una mostra, ad un altro? Quello di stabilire una situazione di confronto, di contrapposizione, di distinzione, oppure di cercare una comune identità, somiglianze, una possibilità di dialogo, eccetera? Forse, nessuna di queste cose a sé ma tutte quante insieme. Il titolo di questa accoppiata di artisti dimostra in ogni caso una ragione sottesa a tutte le altre: la voglia di mettersi in gioco, di dialogare con cordialità, di riconoscersi accomunati in un unico ambito: la logica comunicativa dell’arte. E ciò anche per sdrammatizzare una situazione pregressa, ormai remota e superata, che vedeva i due in ruoli sincroni ma in qualche modo contrapposti, di maestro ed allieva. Nino Ricci, con un ventaglio di opere di vari periodi, ci offre di verificare una sua costante di ricerca: lo studio della luce analizzata nel colore, per un connubio che si traduca in sensazioni profonde, a volte domestiche a volte estranianti, nel contrappunto con forme che rappresentino alternativamente lontananza e prossimità, costruzione e sfaldamento. Forme che hanno recato nel tempo l’esattezza della geometria, o che si sono negate a qualsivoglia riconoscibilità, diventando “non forme”, reperti misteriosi chissà da che, chissà da dove, per essere suono e sussurro, voce carezzevole e vita ancora. Come a dimostrare che non sono le forme le sole tenutarie di storie e sensazioni, ma anche il colore, le atmosfere e soprattutto la luce. Rare, episodiche le fughe fuori, nel paesaggio, in osservazione estatica di un contesto che pure lo comprende. Alcuni “interni” di Ricci del periodo più recente sono l’interno di sé. Un’esigenza forte che man mano si rinnova, di capire per prima la propria realtà, senza compiacimento, in forma problematica, con il solo conforto di un tepore domestico che favorisce la tenuità della poesia. Un intimismo ambivalente, che nel contempo allude a una dimensione universale. Di Alessandra Pucci, la prima volta che ne ho trattato mi è sembrato utile e opportuno mettere in evidenza “la necessità di paesaggio”, interpretando la consuetudine di ambientare i suoi personaggi, le storie in luoghi, come esigenza di avere sempre una “casa” o una “patria” a cui ricondursi; al tempo stesso strumento di auto identificazione. Poi, conoscendone meglio l’opera, e risultandomi ormai chiara la sua irrequietezza, la sua voglia di scoperta e di avventura, ho capito che i suoi paesaggi più che “raccogliere” i sogni e le fantasie, per far sì che avessero casa e patria, e quindi rappresentassero sensazioni domestiche, intime, appartate, erano luoghi inediti, ancora da scoprire e da percorrere, e servivano non a ricondurre, bensì ad espatriare, a viaggiare fuori, ad evadere; esattamente il contrario di ciò che avevo immaginato basando la mia impressione sulla sola visione di poche opere.
Quale delle due sensazioni sia la vera? Forse sono vere entrambe, ed entrambe convalidano la caratteristica di ambiguità che è propria dell’arte. Una caratteristica che la Pucci conosce perfettamente, per avervi ricercato da sempre con rara sensibilità e cultura. Due artisti sufficientemente diversi per trovarsi reciprocamente interessanti. Da tale attrazione è nata questa “accoppiata” tolentinate”.



Alessandra Pucci studia arte a Macerata con i maestri Ciarlantini e Monti, poi all’Accademia di Belle Arti di Venezia con Bruno Saetti. Si accosta alla pop-art con opere ironiche sul ruolo della donn-bambola, cifra di tutte le mostre degli anni ’70. Recupera, nel decennio successivo, le sue radici marchigiane proponendo una rivisitazione del mondo medioevale (Cavalli, cavalieri e amazzoni). Le opere degli anni ’90 sono all’insegna della leggerezza: tecnica dell’acquerello
e tematica legata alle metafore del tempo (Proust, Calvino, arte giapponese). L’interesse per la figurazione più classica è espressa (quasi un basso continuo) dalla serie di ritratti che, insieme alle opere a soggetto sacro-devozionale, costituiscono un percorso parallelo. È una mail-artista convinta: promuove progetti biennali di arte postale e manifestazioni legate al paesaggio agreste.
L’attività artistica è documentata una trentina di mostre personali ed altrettanti premi nazionali.
Si considera artista e artigiana, consapevole di essere testimone della bellezza che tenta di interpretare con gioia. Vive e lavora nel Veneto e nelle Marche.

Nino Ricci pittore ed incisore, è nato a Macerata dove vive e lavora. Ha studiato in Urbino presso la “Scuola del Libro” apprendendo le tecniche incisorie, e successivamente, all’Accademia di Belle Arti di Roma nella sezione di Scenografia. Borsista presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ha conseguito la specializzazione di costumista cinematografico.
Ha svolto la sua carriera di insegnante negli istituti di Belle Arti e nei Licei Scientifici, insegnando Decorazione Pittorica, Disegno Architettonico, Storia dell’Arte. La sua produzione artistica si è esplicata prevalentemente con opere dipinte ad olio su vari materiali non dimenticando mai una continua sperimentazione con materiali vari come carbone, sabbia, acrilici e cartapesta.
Dedica anche particolare attenzione al lavoro su carta realizzando acquerelli, tecniche miste, incisioni all’acquaforte, litografie e serigrafie.


Comunicato Stampa

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