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Camerino, venerdì 15 ottobre 2004
Erboristi si diventa.







Lo confermano i primi dati del progetto di Recupero, sperimentazione e promozione di piante officinali e medicinali attivato dal GAL “Sibilla” nell’ambito del programma comunitario Leader Plus 2000-2006 e realizzato dal dipartimento di Botanica ed Ecologia dall’Università degli Studi di Camerino, in collaborazione con il Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Una sperimentazione a pieno campo, iniziata nel corso dell’anno 2004, con il coordinamento scientifico del dott. Andrea Catorci, che ha offerto a quattro aziende tradizionali della collina e dell’Alto Maceratese la possibilità di introdurre la coltivazione di alcune piante utilizzate nei settori cosmetico, farmaceutico, erboristico ed agroalimentare. Con risultati incoraggianti. Bene la Melissa e la Malva che hanno manifestato una buona compatibilità ecologica ed agronomica con le condizioni testate, dimostrando un buon sviluppo vegetativo, come pure il Tarassaco ed il Cardo. Più esigente e meno adattabile si è mostrata la Valeriana con una certa variabilità di sviluppo tra i vari campi. L’Anice ha dato invece luogo ad un pessimo risultato con estese morie delle piantine e notevole suscettibilità ai ritorni di freddo, ma se ne dovrà valutare la praticabilità ricorrendo alla semina diretta anziché al trapianto. La sperimentazione, che si concluderà l’anno prossimo, fornirà importanti indicazioni sulle tecniche di produzione e sulla commercializzazione delle piante officinali che, ancora oggi, si rivelano una risorsa ambientale e culturale preziosa, un’occasione di reddito per le aree interne e montane, ma anche e soprattutto uno strumento di supporto alla salvaguardia dell’ambiente e di recupero di usi, costumi e tradizioni.

“Nel termine di piante officinali - spiega il dottor Andrea Catorci, responsabile del dipartimento di Botanica ed Ecologia dell’Università di Camerino - è compreso un numero elevato di specie di largo impiego sia in settori industriali come il farmacologico, il cosmetico, il liquoristico e l’alimentare, sia nella preparazione di prodotti erboristici. Nelle Marche, e in particolare nelle zone interne del Maceratese e sui Sibillini, l’uso delle erbe officinali da parte della popolazione rurale aveva assunto, in passato, un significato importante, rituale e gastronomico, finalizzato anche al mercato. L’Italia, che pur vantava una buona tradizione nella coltivazione delle piante officinali e che fino ai primi Anni ’50 si poteva considerare tra i più forti produttori europei, ha visto gradualmente diminuire la produzione. Poi, l’aumento del consumo di prodotti erboristici, la forte importazione dall’estero di materia prima, le opportunità commerciali hanno rinnovato l’interesse per queste coltivazioni che, oggi, si rivelano anche una preziosa risorsa, ambientale e culturale, uno strumento educativo per la salvaguardia dell’ambiente, soprattutto nelle zone interne e montane dove l’agricoltore è ancora il custode del territorio e il testimone delle tradizioni. La coltivazione delle piante officinali è perfettamente in linea con i nuovi indirizzi comunitari, sia in termini di “disaccoppiamento”, cioè del contributo unico per azienda indipendentemente dalle produzione effettuate, sia in termini di conservazione della biodiversità. Alcune specie di officinali, fra l’altro, potrebbero trovare in montagna un habitat ideale, contribuendo allo sviluppo dell’economia agricola attraverso produzioni di nicchia, tipiche e di qualità, ed al recupero di aree abbandonate e sottoutilizzate”.



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